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I Draft col senno di poi: 2001

19 Mar

L’inizio del nuovo millennio fu l’apoteosi dei liceali e della tendenza che voleva il college snobbato anche da chi lo frequentava, restando parcheggiato un anno o due in attesa che le sue quotazioni salissero e parallelamente pure la grana da percepire tra i professionisti. In questo draft saltarono a piè pari il college 3 dei primi 4 scelti, e questa tendenza, perpetrata negli anni a venire da grandi nomi come James o Howard, fu la molla che fece porre a Stern l’obbligo di un’età minima per giocare tra i pro. La vera ragione fu per non far passare il messaggio che soldi e celebrità ponessero una solida istruzione in secondo o terzo piano, ma in realtà a livello tecnico un numero di giocatori sempre maggiore che non frequenti gli anni accademici, fondamentali nel processo di crescita di un atleta, porta ad un impoverimento evidente del gioco, quello che abbiamo sotto gli occhi anche oggi. Non è un caso che i giocatori Fiba, solitamente con una base tecnica più solida e sviluppata, siano riusciti a far breccia in una lega dall’atletismo imperante. Ma torniamo al 2001. La prima scelta era dei Wizards, allora controllati da Jordan, e purtroppo la carriera da dirigente di MJ si è dimostrata inversamente proporzionale a quella da giocatore, avendo inanellato una serie di scelte dannose e scriteriate da cui non si sottrae questa. È il draft dei lunghi, ben provengono dall’high school, tutti additati come salvatori della patria, mentre il quarto ha appena dominato le finali della Liga spagnola. Neanche vi spiego chi ha avuto successo tra i quattro dell’Ave Maria. Dietro di loro navigano diversi giocatori che sapranno imporsi sul palcoscenico Nba, accompagnati dai soliti altri che invece si sono persi o han dimostrato di essere tutto fumo e neppure di quello buono. Sui piccoli in tanti effettuarono valutazioni errate tanto da lasciarsene scappare diversi che scivolarono al termine del primo giro o addirittura al secondo. Tra loro spiccano un ragazzino con la faccia da schiaffi figlio di un americano, nato in Belgio e cresciuto in Francia, ed il figlio di un circense. Si sentirà riparlare anche di loro.

Sede: New York Squadra College
1 Kwame Brown Washington
2 Tyson Chandler Chicago
3 Pau Gasol Memphis Spagna
4 Eddy Curry Chicago
5 Jason Richardson Golden State Michigan State
6 Shane Battier Memphis Duke
7 Eddie Griffin Houston Seton Hall
8 DeSagana Diop Cleveland
9 Rodney White Detroit Charlotte
10 Joe Johnson Boston Arkansas
11 Kedrick Brown Boston Okaloosa-Walton CC
12 Vladimir Radmanovic Seattle Serbia
13 Richard Jefferson New Jersey Arizona
14 Troy Murphy Golden State Notre Dame
15 Steven Hunter Orlando DePaul
16 Kirk Haston Charlotte Indiana
17 Michael Bradley Toronto Villanova
18 Jason Collins New Jersey Stanford
19 Zach Randolph Portland Michigan State
20 Brendan Haywood Orlando North Carolina
21 Joseph Forte Boston North Carolina
22 Jeryl Sasser Orlando Southern Methodist
23 Brendon Armstrong New Jersey Pepperdine
24 Raul Lopez Utah Spagna
25 Gerald Wallace Sacramento Alabama
26 Samuel Dalembert Philadelphia Seton Hall
27 Jamaal Tinsley Indiana Iowa State
28 Tony Parker San Antonio Francia
29

Su Kwame, come già accennato, vige il silenzio stampa. Stesso criterio per Eddy Curry, più attratto dalle cucine che dalle palestre. Chandler invece forse non valeva la seconda, ma col tempo ha saputo trovare la sua dimensione e nonostante in attacco abbia movimenti di post robotici ha imparato a giocare il pick’n’roll, fondamentale negli ultimi anni. Dietro è il perno su cui costruire una difesa. Prima di affrontare il secondo giro, due parole sulle gemme nascoste pescate al primo: nell’immediato fu Jamaal Tinsley, The Abuser, direttamente dal Rucker Park, uno che con i suoi limiti a basket sapeva giocare eccome, tanto da guidare per svariate stagioni i Pacers. Altri progredirono col tempo: molto in fretta Monsieur Tonì, altro furto legalizzato degli Spurs, con più calma Zebo Randolph e Gerald Wallace, entrambi molto più meritevoli della loro chiamata, se ad essere valutato era il potenziale futuro. Buone cose le hanno mostrate anche Joe Johnson, scaricato prematuramente dai Celtics, e Jefferson. Bene anche Murphy e Raul Lopez, che non si fosse spappolato il ginocchio avrebbe guidato i Jazz per molte stagioni. Oggi invece come cambio del play gioca Earl Watson, pescato alla 40 da Seattle e al momento tra i migliori cambi della Nba. Sempre con la seconda tornata furono selezionati Okur (Detroit, 38) Bobby Simmons (Seattle, 42) e pure Scalabrine (New Jersey, 35), anche se la star resta e resterà Arenas Gilbert, precipitato alla 31 quando i Warriors decisero di concedergli una chance. Con tutti i difetti caratteriali e di gioco Arenas resta un giocatore che prima dell’infortunio aveva saputo far ricredere tutti gli scettici, diventando uno dei migliori venti giocatori della lega. E pensare che il primo giro fu popolato anche da illustri fallimenti, come DeSagana Diop, venuto buono un solo anno a Dallas, Eddie Griffin, ragazzo su cui tutti scommettevano spentosi in un incidente d’auto ma devastato dall’alcool, Rodney White, altro visto da tutti come sicuro realizzatore per un decennio e invece sparito nel nulla, alla stessa stregua di Kedrick Brown, Haston, Forte, Sasser.

  1. Pau Gasol: classe abbinata a tecnica e intelligenza, che chiedere di più? La migliore power forward fino a due anni fa.
  2. Tony Parker: MVP delle finali, trascinatore della Francia, un leader che quest’anno forse ha le chiavi anche degli Spurs.
  3. Zach Randolph: una vita zeppa di errori, ma quando gioca son dolori. Per gli altri. Post mancino di rara efficacia.
  4. Joe Johnson: point forward, vive di isolamenti. Se invece del leader facesse il Pippen sposterebbe tanto.
  5. Gilbert Arenas: questo invece non poteva che essere il leader maximo, quindi perfetto per una squadra di metà classifica, perché se non comandava  faceva danni ed era troppo instabile per guidare una big.
  6. Tyson Chandler: già detto, perno difensivo e ottimo interprete di pick’n’roll. In carenza di lunghi basta e avanza.
  7. Shane Battier: difesa perfetta sugli esterni, tiratore sugli scarichi, mentalità dura e vincente. In squadra uno così lo vuoi sempre.
  8. Jason Richardson: classico atleta da numero ad effetto che col tempo si trasforma in tiratore dall’arco. Buono, non eccezionale.
  9. Gerald Wallace: tuttofare all’ala che produce tanti numeri ma ha sempre giocato in squadre perdenti, e forse una ragione c’è.
  10. Jamaal Tinsley: giocatore di strada, difendeva solo se sfidato, ma come passava…anche la testa per il basket non mancava.

Alla dieci metto Tinsley ma potrebbero andar bene anche Jefferson, Murphy, Okur. Dipende da cosa  si avrebbe bisogno. Seguirebbero poi un paio di lunghi come Dalembert e Haywood, dignitosi comprimari. Da segnalare tanti giocatori che nel tempo transiteranno per l’Europa, Italia compresa: Omar Cook, Willie Solomon, Terence Morris, Jeff Trepagnier, Kyle Hill, Michael Wright, assieme a Fotsis e Javtokas. Un draft tutto sommato qualitativo che ha offerto due favolosi giocatori ed una manciata di attori protagonisti.

 
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Pubblicato da su 19 marzo 2012 in NBA

 

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