Altro giro, altro regalo, altra gara7 confezionata e terza affermazione su altrettante serie per i Boston Bruins. Campioni Nhl 2011, alzano meritatamente la Stanley Cup che purtroppo rimane negli Stati Uniti. Al Canada rimane l’amaro in bocca e la strenua volontà di riprovarci a cominciare dalla prossima stagione, in cui forse potrà contare sul ritorno di un paio di altri team, Quebec City e Winnipeg sembrano le città in prima fila deputate ad accoglierli ma nei giardini canadesi ho sentito pronunciare anche il nome di Saskatoon, città che sta crescendo piuttosto velocemente. La finale si é rivelata avvincente come da attesa, terminando come doveva, con la vittoria del più forte. Boston ha giocato alla grande e lo ha dimostrato sul ghiaccio, senza lasciare spazio alcuno ad obiezioni ed espugnando l’arena dei Canucks nella decisiva gara7 con uno stentoreo 4-0, davvero poco da aggiungere anche perché Vancouver non ha mai dato la sensazione vera di potersela giocare, anche sotto 2-0 c’é stata sì una reazione ma effimera, un paio di minuti ed il piede dall’acceleratore sembrava già esser stato tolto, addirittura un power play in cui provare l’assedio ha finito col diventare quello dell’implosione, goal preso in superiorità numerica al termine del secondo periodo, 3-0 e tanti saluti alle tenui speranze di raddrizzare il carrozzone. Un peccato perché l’occasione sembrava poter essere quella giusta, invece la squadra ha mancato di nerbo, è sembrata quasi a corto di carburante e la prima linea è mancata colpevolmente, oltre alle assenze di Samuelsson per infortunio e Rome per squalifica in seguito la tuonata rifilata a Horton, cosicché a festeggiare dopo 39 anni di astinenza è tornata Boston. Praticamente i Bruins avevano vinto la loro ultima Stanley Cup un paio d’anni dopo la fondazione della franchigia della British Columbia. Miglior giocatore della finale è stato eletto Tim Thomas, e ci mancherebbe altro; il portierone di Flint, Michigan ha sfoderato grandssime prestazioni durante tutti i playoffs rincarando la dose nelle finals, tranquillizzando alla grande la linea difensiva, parando tutto il parabile e anche qualcosina in più, concedendo zero nell’uno contro uno. Nelle sette partite ha incassato solo 8 goal a fronte dei 23 messi a segno dai suoi compagni di squadra. Eppure nonostante un differenziale tanto elevato si è dovuti giungere alla gara vita o morte per assegnare il trofeo, sintomo di una serie Giano bifronte come poche a seconda che si giocasse in Canada o Stati Uniti. Tutti i match disputati alla Rogers Arena, casa dei Canucks, sono stati vibranti, combattuti, indecisi sino all’ultimo disco fatta eccezione ovviamente per l’ultimo episodio; viceversa i confronti svoltisi al TD Garden sono sempre durati lo spazio di un periodo a far tanto, con i padroni di casa che si sono sempre dimostrati nettamente un passo avanti rispetto agli avversari archiviando la pratica con altrettante goleade. Strano, come andamento. Un breve riassunto delle gare potrebbe essere il seguente:
Gara1: protagonisti i portieri, soprattutto Thomas perché Boston tirerà di più ma è Vancouver ad avere le occasioni più nette. Un po’ di zuffe per fare conoscenza dato che in stagione regolare non si vedono quasi mai, la partita la vince 1-0 Vancouver con un goal di Torres a 18 secondi dal termine della gara. Mica male come inizio.
Gara2: l’unica in cui Thomas mostra qualche sbavatura prendendo goal dietro la schiena sul primo palo. Si vedono equilibrio, agonismo a mille con cariche pazzesche. 1-0 Canucks, i Bruins ribaltano punteggio nel 2°, Daniel Sedin li riaggancia nel 3°, ma la sudden death dura giusto 10 secondi perché l’istinto killer di Burrows è dirompente su una leggerezza di Boston dopo l’ingaggio vinto. 3-2 e tutti in Massachusetts.
Gara3: un massacro, Canucks imbarcati 8-1. L’avvio é durissimo, botte da orbi, Boston la mette sul fisico e dall’altra parte Rome risponde mandando ko Horton con una carica dal lato cieco che lo stende sul ghiaccio quasi svenuto. Partita nervosissima, una valanga di espulsi: Rome, Thornton, Burrows, Daniel Sedin, Ference. Primo periodo chiuso sullo 0-0, nel secondo la partita si spacca con un gran goal di Marchand ed un altro del 43enne Recchi che raddoppierà il gettone. Nel terzo Boston dilaga ma saranno le risse a farlo da padrone.
Gara4: 4-0 e serie impattata, come al solito ottimi il giovane Marchand e Tim Thomas, ma è Boston che nel complesso dimostra di avere quel qualcosa in più che caretterizzerà tutta la serie; più veloce, più rapida nell’eseguire, più determinata, più cattiva, soprattutto più concreta sotto porta. Quando va sotto Vancouver non dà mai la sensazione di poter tornare e infatti chiunque segni per primo vincerà ognuna delle gare.
Gara5: Altro successo casalingo, altra gara da groppo in gola risolta nell’ultimo periodo da una rete di Lapierre, non il primissimo indiziato ma la sua linea ha ben figurato. La partita è vissuta di ondate alterne dei due team, anche se stavolta é Luongo a risultare perfetto. La differenza tra le partite disputate qui e a Boston comincia a manifestarsi abissale, anche perché i Bruins una chance di portarla a casa se la riservano sempre.
Gara6: quella che ha meno da dire di tutte, quattro goal di Boston in cinque minuti scarsi durante il primo periodo e tanti saluti a gara7, i minuti successivi fissano il punteggio finale sul 5-2 consentendo a Henrik Sedin di segnare il primo (tra l’altro molto bello) goal della finale, un po’ tarduccio. Bella anche la rete di apertura del solito Marchand, uno che sarà anche stizzente e pruriginoso ma sa giocare eccome. I Bruins sono decisamente più forti in casa e nel 5vs5 dove hanno rapidità, aggressività, precisione nei passaggi.
Gara7 è già stata narrata, se azzardate Marchand nei nomi dei marcatori non sbagliate, ma onestamente tutta la squadra ha dato il suo contributo giocando molto bene, e nell’hockey se non hai la squadra non vai da nessuna parte. Boston ha largamente dimostrato di avere tanti giocatori di ottimo valore come il pluricitato Marchand, grande tecnica, il capitano Chara, nonnetto Recchi, Lucic, Krejci, Ryder, Bergeron, Thornton e Seidenberg che lottano come pochi, Keberle, Kelly, persino Peverley e Boychuk che han saputo rendersi buoni, e poi ovviamente lui, la saracinesca Thomas, la vera sicurezza di una squadra che comunque ha prevalso in tutte le gare7 cui è stata trascinata e ha probabilmente mostrato il miglior gioco 5vs5, a parità di uomini, che poi è l’essenza del gioco anche se l’equilibrio viene spesso spezzato dagli special team del power play. Onore e complimenti ai Bruins dunque, perché la Stanley Cup l’hanno strameritata. Un rammarico che tanti figli canadesi debbano in qualche modo tradire la vera patria dell’hockey giocando per squadre americane e prolungandone il digiuno. Intanto a Vancouver la gente che attendeva il primo titolo per strada non ha preso tanto bene la sconfitta, scatenando una guerriglia urbana che non ti aspetti. Che si debba attendere la resurrezione dei Canadiens?