RSS

Una Nuova Primavera

27 Mar

Mese interessante per l’universo cestistico Marzo: il clima diventa mite consentendo di sgattaiolare fuori dalle palestre per tornare a giocare all’aperto sui campi di cemento, ma soprattutto i campionati più importanti vedono i nodi venire al pettine: in Eurolega partono i quarti di finale per decidere chi saranno le magnifiche quattro che arremberanno il titolo, in Nba si chiudono i termini degli scambi ed i roster ormai definiti si apprestano all’ultimo sprint in vista dei playoffs. Attenzioni vere le calamita anche il torneo Ncaa, l’apoteosi della March Madness collegiale. Ci sarebbe anche il NIT, una volta prestigioso ma ormai versione in tono minore del tabellone principale, una consolazione per squadre che en sono state escluse. Delle 68 che hanno iniziato il numero si è già assottigliato alle quattro prescelte che questo fine settimana si affronteranno a New Orleans per eleggere i campioni nazionali. Connecticut, quelli uscenti, sono stati spazzolati via immediatamente, nonostante presentino in squadra un paio di sicuri prospetti da lotteria Nba, Drummond e Lamb. Interessante capire cosa sia successo ad una squadra che da metà stagione in poi è entrata in un tunnel deprimente di risultati. Campanello d’allarme anche per i due sopracitati? Non che l’assenza dei titolati si sia fatta sentire troppo: confermarsi per due stagioni è impresa titanica, al giorno d’oggi oserei dire quasi impossibile, considerando che i coach difficilmente hanno a disposizione più di uno, due anni i loro migliori giocatori. Anche l’indiziato numero uno quale prima scelta al prossimo draft, Anthony Davis di Kentucky, dopo un solo anno lascerà Lexington per accasarsi in una delle trenta città Nba. Un peccato perché il ragazzo emana già lucentissimi lampi e plasmato ancora per un paio d’anni verrebbe consegnato ai professionisti come super giocatore. La realtà da fronteggiare però è questa: i ragazzi più forti dei licei guardano al college come una fase transitoria verso il professionismo, fase obbligatoria. Conta dunque scegliere una scuola che garantisca visibilità nazionale e possibilità di far risaltare le proprie qualità: agli allenatori che li reclutano il compito di convincerli. Più si viene scelti in alto più il contratto è remunerativo, ma anche finire indietro al primo giro significa sempre contratto garantito e magari possibilità di giocare già in una squadra di primo piano. Non si cade malissimo, di qui la scelta di molti che si dichiarano eleggibili prima del tempo, quando sono ancora acerbi. La conseguenza più evidente è che i coach dei programmi più in vista dello stato possono sì sempre contare sui migliori giocatori, ma devono anche esser preparati a rivoluzionare ogni uno o due anni il loro roster. Anche per questo avere in panchina un allenatore bravo, affidabile, da lasciare in sella il più a lungo possibile può scavare la differenza: gli uomini cambiano, il sistema di gioco no. Chiunque arrivi viene inserito in schemi collaudati, che col tempo si consolidano determinando tendenze ed etichette appiccicabili a tanti college: chi segue il college basket sa che da più di trent’anni Jim Bonheim a Syracuse fa giocare i suoi a zona 2-3, che Tom Izzo a Michigan State predilige il gioco fisico, che Calipari fa correre i suoi come dei treni, che a Georgetown la tradizione di allevare ottimi centri è destinata a protrarsi e via di questo passo. Uno scontro di filosofie affascinante e rinnovato anno dopo anno. Quest’anno alcune big nemmeno erano presenti alla fase finale, UCLA, Arizona e Georgia Tech per dirne tre, mentre altre tipo Indiana tornavano con intenti bellicosi. Kentucky, Louisville, Ohio State e Kansas le superstiti. Non si possono definire sorprese, durante la stagione erano tutte quotate e anche se delle numero uno dei quattro Regionals solo Kentucky è sopravvissuta, Kansas ed Ohio State avevano il 2 e Louisville il 4. Niente miracoli insomma, quest’anno il torneo ha riservato alcuni botti iniziali assestandosi poi su un proseguo più regolare. Nella parte Est Syracuse era la favorita dopo un campionato favoloso, ma la squadra seppur molto profonda ha dovuto inchinarsi nelle Elite Eight ad Ohio State, trascinata dalla sua stella Sullinger: con due falli sulla coppola dopo pochi minuti, ha assistito in panchina al resto del primo tempo dove i suoi son rimasti a galla per poi scatenarsi nella seconda metà. La sua presenza interna ha scardinato la zona degli Orange, carichi di falli in alcuni dei loro giocatori chiave. La durezza e la solidità dei Buckeyes li hanno condotti sino alle Final Four: vengono da un postaccio, la Big Ten, dove avevan perso la finale contro gli Spartans ma che sicuramente li ha forgiati. Hanno un play davvero caparbio e tutto d’un pezzo, Craft, più altri ottimi tre interpreti in quintetto. Dalla panca viene poco ma è bastato per arrivare fin qui. Delusione Florida State, che dopo aver piegato Duke e North Carolina nel torneo di conference pensavo potesse creare grattacapi anche qui: fuori al secondo turno senza infamia ma anche senza lode. Nel quadro Sud Kentucky tiene tutto sotto controllo in modo agevole: quattro vittorie tutte in doppia cifra di scarto, nessun grande patema, nemmeno contro quell’Indiana che l’aveva beffata alla scadere in stagione regolare e che qui invece è stata sommersa sotto oltre 100 punti, rarità a livello collegiale. Saranno anche loro un po’ corti, ma se giocano come sempre batterli è difficilissimo: entrare nella loro area è un’impresa, una giungla di braccia con l’ombrello Davis a sorvegliare tutto e tutti dall’alto; recupero o tiro sbagliato dagli avversari corrisponde quasi matematicamente ad un contropiede fulmineo che sanno condurre anche i lunghi. Calipari d’altronde vuole giocare così, intenso e martellante, non a caso dopo Rose, Evans e Wall sceglie un altro che spinge come un ossesso, Teague, anche se la differenza gliela fanno i lunghi ed i guastatori come Kidd-Gilchrist, un leone che pare un feroce guerriero dancalo sul parquet. In questo Regional la bomba è quella su cui è saltata Duke al primo turno, Lehigh, successivamente addomesticata con prontezza da Xavier. La sconfitta dei Blue Devils rende sempre contente numerose persone, perché non è che stiano molto simpatici. Dal West emerge ancora una volta l’immortale Rick Pitino con i suoi Cardinals, una squadra di cui non fidarsi. Era la parte di tabellone con la numero uno meno solida, Michigan State (che comunque Louisville ha dovuto battere), e pure la numero due traballante, Missouri, pure lei esplosa sulla mina Norfolk State, alla prima apparizione al torneo condita con una bella vittoria. Protagonista il centrone O’Quinn con giocate decisive nel finale e durante tutta la partita. Peccato che al turno successivo siano stati asfaltati da Florida. Infine il settore Midwest, quello in cui sopravvive Kansas ma che avrebbe premiato North Carolina se solo Kendall Marshall non si fosse rotto il polso al secondo turno contro Creighton: senza il loro play tutto fosforo i Tar Heels piegano Ohio al supplementare ma vengono estromessi dai Jayhawks sbarellando nel finale. Peccato perché una squadra con Barnes, fortissimo, Zeller ed Henson meritava di essere guardata anche fino in fondo. Questo il posto che le avrei assegnato, la finale contro Kentucky dove avremmo visto il meglio contro. Le partite però bisogna giocarle e Kansas non ha certo colpe degli infortuni altrui. Dopo aver tremato contro Purdue e North Carolina State (che aveva grosse chances e le ha letteralmente scaraventate dalla finestra), la partita di Elite Eight è stata paradossalmente un pelo più semplice da risolvere, con Robinson e Taylor sugli scudi. Da questo segmento di tabellone è anche arrivata l’unica cavalcata significativa di una squadra poco accreditata, Ohio appunto che avesse giocato con più attenzione gli ultimi possessi i Tar Heels avrebbe potuto batterli nei regolamentari. Ai supplementari non c’è stata storia, specie se non segni per tre minuti. Il mio pronostico dice Kentucky e Ohio State, ma è tutto da vedere. E gustare.

 
Lascia un commento

Pubblicato da su 27 marzo 2012 in Basket

 

Tag: , , , , , ,

Lascia un commento