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Prima fase di Eurolega

I sorteggi per determinare gli accoppiamenti delle Top Sixteen avverranno il 28 del mese. Ma di questa prima fase che dire, deludente o avvincente? Opterei per insolita. Un bell’ultimo turno, in cui alcune squadre erano ancora in bilico e hanno staccato il pass al prossimo turno nello scontro diretto, com’è capitato a Bilbao ed a Milano. Allo Zalgiris il colpaccio era riuscito nella tornata precedente, con la vittoria in casa del Bamberg. Tutto sommato la qualità della manifestazione è stata preservata: quelle extralusso son passate in carrozza, ed in generale anche chi si è qualificato di rincorsa vanta ottime credenziali. Certo quest’anno è stato influenzato dalla grande variabile, il parziale sbarco di alcuni giocatori Nba che nell’immaginario collettivo avrebbe dovuto spostare gli equilibri e riempire i palazzetti. Forse in ordine inverso. In realtà giocatori che hanno davvero influenzato in modo determinante il cammino delle loro squadre sono stati due: Batum e Pekovic. Il francese ha letteralmente voltato come un guanto Nancy tenendola a galla in un girone equilibratissimo dove tutte e sei potevano qualificarsi. Il giocattolo si è rotto proprio con la sua partenza che ha reso il Nancy la classica squadra materasso che prendeva schiaffi a destra e a manca. Buon per chi l’ha incontrata col giocatore del Blazers in contumacia. Peccato per il bilanciamento andato a banane. Pekovic ha invece tenuto a galla una versione del Partizan piuttosto sbiadita, composta da molti ragazzi ancora da svezzare che infatti ha dato esempio del suo andamento a onde nel doppio confronto con Milano. Fosse rimasto il montenegrino staremmo probabilmente parlando di Armani a casa. Ce ne sono stati altri che hanno avuto un buonissimo impatto, superfluo citare Kirilenko che ce ne fosse stato ancora bisogno ha dimostrato cosa significa essere un giocatore di classe. Semplicemente fantastico. Un giocatore molto vicino all’essere completo, una rarità in questi tempi di super atleti palestrati. Ma anche Ibaka e Farmar sono spiccati per l’ottimo apporto, specie il piccolo del Maccabi. Il fatto è che anche senza di loro le squadre in cui giocavano sono andate comunque bene, il che significa che già prima del loro arrivo erano costruite per competere in Europa. Sonny Weems e Vujacic non stanno certo sfigurando, ma loro rimangono tutto l’anno quindi si possono valutare con calma. Curioso soprattutto per l’americano di Kaunas che sembra calarsi sempre più nella nuova realtà. Occhio ai lituani perché senza nulla da perdere nella seconda fase saranno la solita fastidiosa mina vagante. Si può invece applaudire la scelta di quei top team che hanno scelto di non ricorrere al doping Nba, lo straniero col timer, puntando a cementare di più il gruppo esistente. Siamo questi e questi rimaniamo sino alla fine. Anche se poi alcune erano già pronte a firmare dei big se il campionato americano fosse saltato. Sono però rimaste spurie il Panathinaikos di Obradovic, Barcellona che era già troppo affollato di giocatori, Siena e l’Olympiakos cui invece quest’anno non girano troppi soldi. E infatti a differenza delle altre tre, qualificatesi sfogliando il giornale, i greci han patito tantissimo strappando la qualificazione solo contro una demotivata Cantù, che il tagliando già se l’era guadagnato. Grande il girone degli uomini di Trinchieri, che certo non hanno i mezzi economici della maggioranza delle avversarie ma scelgono bene gli uomini, sono squadra e giocano concentrati, attenti, con voglia. Solita vecchia solfa, solita vecchia formula che ovviamente regala soddisfazioni. E che chi ha montagne di soldi spesso non afferra. Vedasi le turche. Tutte e tre qualificate ok, ma con che prospettive? Le Final Four sono ad Istanbul ed in previsione hanno tutte speso molto sul mercato, ma i risultati sono palliducci. E sia chiaro son tutte partite con l’idea di provare a raggiungerle. Se una sola dovesse passare tra le prime otto sarei sorpreso, anche se è palese come i sorteggi faranno la loro parte aiutando forse il Fenerbahce che si è trovato primo nel girone senza nemmeno saperlo. E meritarlo, probabilmente. Chi ha meritato il passaggio è stata invece Bilbao, che ha battuto in un sanguinoso derby delle province basche il Baskonia, la squadra di Vitoria meglio conosciuta come Caja Laboral. Un peccato vederli fuori dopo tanti anni ma i loro giocatori chiave han bucato la partita, San Emeterio e Teletovic. Onore anche a Milano che nonostante i tantissimi soldi spesi ed il pessimo assemblaggio, dovuto anche, non solo ma anche alla presenza di Gallinari, ha stentato e senza convincere acciuffa il secondo turno per i capelli. Candidandosi però a poterlo anche passare. Dipenderà anche qui da un po’ di fortuna, perché ritengo ci siano per tutti alcune squadre ingiocabili. Di chi sto parlando? Ovvio, Cska e Barça. I russi sono stati una schiacciasassi impressionante, con o senza infortuni, con o senza Kirilenko. Davvero dura pensare adesso a come possano perdere, ma la stagione è lunga. Loro però sono completi, grossi, profondi, con fosforo in testa e anche tecnica. Davvero impraticabili. I catalani han perso con una Siena super mutilata, ma è stato il loro unico passo falso.  E Navarro stava poco bene. Io vedo ancora queste due sopra a tutte. Dietro buona impressione me l’ha fatta il Real Madrid, panca lunghissima anche qui e Mirotic sempre più determinante, Siena che grazie agli infortuni sta scoprendo i miglioramenti di Aradori, il Pana che non è quello dell’anno scorso ma è sempre il Pana. Bravi anche Maccabi e l’Unics Kazan, solo che gli israeliani mi sembrano un gradino sotto mentre i russi non gli ho quasi mai visti giocare. L’unica che non ho ancora nominato delle sedici è Malaga, ma proprio perché il suo girone è stato anonimo nonostante la qualificazione.

 
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Pubblicato da su 24 dicembre 2011 in Basket Europeo

 

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Stelle nel deserto

Solo gli uomini di colore possono essere veloci. Tutti i ciclisti sono dopati fino al midollo. Il rugby è uno sport rozzo giocato da gentiluomini. Sono d’accordo se venissero formulate obiezioni sull’ultima affermazione, specie se vi è capitato di vedere qualche (bellissima) partita del mondiale che sta ipnotizzando la Nuova Zelanda. Una partita come Argentina-Scozia credo dovrebbe essere registrata e conservata in una teca da mostrare alle nuove generazioni per far capire loro cosa si intende quando si parla di sport nella sua essenza più pura. Ma veniamo al sodo: Kobe Bryant nel campionato italiano è una bene per il nostro basket. Boiata colossale che se fosse in un tema d’annata non potrebbe avvalersi nemmeno della cerchiatura in blu, umiliazione massima. Come al solito nel nostro orticello fatto di briciole e pochezza si ragiona a slogan, pubblicità, promozione, introiti. Una bella macchinetta oliata per benino che deve produrre tanti soldini in modo da piazzare bei sorrisetti di denti appena sbiancati su faccini tanto puliti. E così son tutti felici. Pane buono per gli allocchi, che ovviamente abbondano più che in una curva di qualsiasi stadio a vostra scelta. Meneghin è già partito in quarta definendo l’idea di Sabatini, patron della Virtus, brillante, geniale, piena di iperboli. Finalmente un presidente vivace, frizzante, che ha idee illuminanti a sufficienza per gettare luce ed interesse sull’ormai opaco ed avvizzito panorama italiano. Ribaltando la lettura della frase, una bella pensata che può distrarre l’attenzione sulle innumerevoli magagne del nostro movimento, una fra tante la famigerata wild card, idea di autentico spirito idiota. Scontato poi che le uniche voci cui venga dato risalto siano quelle favorevoli, in quanto guai a guastare il giocattolino fabbrica soldi. Chiariamo subito: anche io sono favorevole ad iniziative che possano dare un po’ di lustro al basket, soprattutto che possano portare la gente ai palazzetti, i bambini ad appassionarsi al gioco. Ma niente ruote di pavone, niente strilloni di professione per annunciare l’arrivo di un giocatore, forse anche il migliore del pianeta, che se ne viene a giocare una manciata di partite per puro esibizionismo in cambio di una vagonata di soldi che nemmeno svariate carriole sarebbero sufficienti a trasportarli. Sullo stesso filone sono da accostarsi i giocatori che si accasano per qualche mese in squadre europee in attesa che le acque vengano smosse anche in terra americana, o per meglio dire si trovi finalmente l’accordo su come spartire i soldi della torta Nba, un canovaccio che purtroppo ai miei occhi perde smalto ed interesse anno dopo anno, subendo le influenze peggiori dell’affarismo stile USA. Sarò antiquato o ingenuo, ma quel che a me sta più a cuore è il bene del basket, del movimento, che certo non si raggiunge spettacolarizzando il campionato con l’arrivo di un paio di nomi altisonanti, che oltretutto bisogna pure vedere con che spirito si immergerebbero nella temporanea avventura. A me che si faccia grana o meno non importa un fico secco. O meglio solo nella misura che garantisca al basket una sopravvivenza, parola lugubre ed assassina. Stiamo diventando così bravi a curare le apparenze, la facciata della cattedrale, che l’ossessione ci distoglie da quella che è le concretezza, la struttura di fondo. Dietro la facciata, il rischio è di trovare il vuoto. Medesimo canovaccio che si è presentato poche settimane fa con la nazionale agli europei in Lituania: tanti strombazzamenti, dichiarazioni prive di senso logico e impregnate di una bella dose di boria, una vittoria dicasi una sola vittoria contro i giovincelli lettoni e tutti a casupola con le pive nel sacco. Con tanti ringraziamenti al Mago o a 8/8/88 o tutti i teatrali soprannomi che vi balzano in mente. Quel che davvero conterebbe, dal mio punto di vista, è dare uno scheletro alla pallacanestro italiana, allevare nuove generazioni che dovrebbero prendere spunto dal gioco del basket tradizionale, e non (solo) dalle acrobazie, i balzi portentosi, i tiri allo scadere ed i passaggi no-look dietro la schiena. Senza tutto questo, magari produrremmo dei giocatori veri. E non andremmo a fare figure barbine in giro per l’Europa, dove nazionali in teoria ben più modeste di noi ci guardano dall’alto al basso prendendosi pure la libertà di sbeffeggiarci. A dire la verità, pure con qualche buona ragione.

 
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Pubblicato da su 30 settembre 2011 in Basket Europeo

 

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