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Archivi tag: battere il Barcellona

..e vi dico quali sono le mie idee

Veniamo al nocciolo della questione: il mio obiettivo è allestire una squadra che diventi la più forte d’Europa. Siccome negli ultimi anni la squadra migliore nel continente ha dimostrato esserlo il Barcellona (negli ultimi quattro anni, cioè il regno Messi, 2 titoli e 2 semifinali cui andrebbe aggiunta la vittoria del 2006), devo puntare a costruire una formazione che gli sia superiore, o per dirla meglio che riesca a giocarsela sempre contro un gruppo che a tratti pare davvero ingiocabile. Circola la voce che i catalani al completo siano imbattibili. Lasciate che vi dica una cosa, per me di squadre imbattibili negli sport non ne sono mai esistite, perché nessun uomo in realtà è invincibile. Possono giocare ad una qualità ed un’intensità talmente elevata da risultare impraticabili, ma non dura mai per sempre. Potete citarmi il Dream Team americano di basket di Barcellona ’92, l’unico vero ed autentico, ma anche quello squadrone ha dimostrato il suo strapotere solo per un breve lasso di tempo, una manifestazione limitata. Avrebbero mantenuto l’imbattibilità per un anno intero? Inoltre mettetegli di fronte la Jugoslavia ancora unita invece della sola costola croata e scommettete che di grattacapi ne avrebbero avuti ben maggiori. In una serie di dieci sfide contro gli slavi insomma, sono convinto che anche gli statunitensi non le avrebbero portate a casa tutte quante. Ma torniamo al Barça: il loro calcio è a tratti spumeggiante, altre volte soporifero, perché come un abile tennista controllano il gioco ed il ritmo dello stesso, rallentando e cercando le accelerazioni a piacimento. Se si lasciano giocare insomma ci si mette in balia della loro qualità di palleggio e visione di gioco. Offensivamente hanno un grande meccanismo, con i due terzini che salgono a spingere, lasciando i due centrali e l’uomo arretrato a centrocampo come ultima roccaforte, mentre Messi si muove a piacimento sul fronte d’attacco simulando di essere la boa del tridente. Gli altri due esterni puntano l’uomo se c’è contropiede e cercano i corridoi a difesa schierata, mentre i due centrocampisti sono quelli che organizzano tutto il gioco e a turno si inseriscono centralmente. La chiave dunque sono loro, Xavi ed Iniesta, che giocano spessissimo di prima e sono mortiferi sia palla al piede che senza. Senza contare che han sempre da giocare la carta pulce argentina, uno che quando conta tende a farsi sentire. Una bella gatta da pelare ovviamente, ma non si scopre oggi. In difesa sono molto efficaci nel pressing subito dopo aver perso palla: la mentalità resta aggressiva, non si indietreggia ma al contrario si pressa subito per lasciare poco tempo di ragionare all’avversario tentando di riconquistare subito il pallone; se riesce ad evitare la ragnatela del pressing, bravo lui. Diversa la reale fase difensiva, in cui peraltro capita raramente debbano cimentarsi, ma dove non sono certo impeccabili; si tenga conto che nell’ultimo periodo presentavano Mascherano come difensore centrale in appoggio a Piquè, i due terzini sono attaccabili e la taglia fisica non eccelsa li rende vulnerabili sui calci piazzati. Certo si difende tutti assieme, ma si è visto che se pressati anche i blaugrana possono subire. Il problema resta che con la bravura che hanno nel gestire palla è dura mantenere il ritmo di pressing necessario per tutta la partita, prima o poi tutti hanno una flessione esponendosi alle folate di crema catalana. Ci ha provato il Manchester United in finale, ma è durato quanto un temporale estivo: un quarto d’ora e da aggressore è diventato aggredito. Tanta voglia ma altrettanta corsa a vuoto e la sensazione che dovessero sempre rincorrere, senza avere una reale chance di farcela. Avversario della stagione è stato forse più il Real Madrid, con quattro incontri spalmati nell’arco di un paio di settimane cui andrebbe aggiunta la disfatta merengues nella prima sfida di campionato, la ormai celebre manita. In quell’occasione vennero testati i rapporti di forza, e dopo il secondo goal i castigliani andarono in bambola prendendo un’imbarcata memorabile. Nei restanti quattro episodi il Real ne ha pareggiati due, perso uno e vinto altrettanto, l’unico che assegnava un trofeo in partita secca. Nell’affrontare queste partite però si è snaturato, rinunciando a giocare come ha poi sempre fatto nella Liga ed in Champions con altri avversari. I leitmotiv proposti da Mourinho sono stati sostanzialmente due: barricata difensiva per non concedere spazi di manovra ed inserimento a cui seguiva tentativo di contropiede appena riconquistata palla, detto più volgarmente catenaccio, palla lunga e pedalare che avendo Cristiano Ronaldo in avanti la si può sfangare. In secondo luogo, grande aggressività, tentativo di alzare il livello fisico ad agonistico del match: metto pressione prima della gara, creo un clima di tensione, dico ai miei di non lesinare le botte inducendo così l’arbitro a modificare il metro di giudizio della gara concedendo più rudezza e provo ad intimidirli grazie anche ad una maggiore prestanza fisica. Arma a doppio taglio però, perché rischia di degenerare e se l’arbitro non abbocca giocando sempre al limite esistono grosse probabilità che qualcuno si prenda il rosso, cosa puntualmente avvenuta. Come idea può anche pagare, ma è piuttosto svilente del gioco provare a vincere facendo giocare male l’altro senza però proporre nulla in alternativa: una sorta di palese dichiarazione di inferiorità. Un peccato, perché il Real le armi per giocarsela ha dimostrato anche di averle in potenza: forse servirebbe solo un po’ di qualità e velocità maggiore a centrocampo, dove ci sono distruttori di gioco ma i costruttori non sono fulmini di guerra. Stesso schema lo propose con successo l’Inter di due anni fa, anche se il Barça aveva Ibrahimovic invece di Villa ed incappò in alcune circostanze sfortunate. I nerazzurri però svolsero il loro compito senza sbavature e meritarono il passaggio del turno. L’unica squadra che abbia accettato uno scontro a viso aperto senza uscirne con le ossa rotte è stata l’Arsenal, che negli ottavi ha strappato una vittoria in rimonta in casa 2-1 salvo poi perdere Van Persie e partita al Camp Nou 3-1. Al di là del punteggio il Barça si è rivelato superiore anche all’andata, però i Gunners sono riusciti a creare non pochi grattacapi agli uomini di Guardiola, pressando anche alti i portatori di palla e non rinunciando mai a giocare. Più che sbagliare qualcosa si sono arresi ad una squadra di un gradino più forte tecnicamente e probabilmente anche più matura mentalmente, storicamente un grosso limite dei londinesi. Ecco, io sono convinto che la strada da intraprendere sia questa. Innanzitutto qualità dei giocatori, devono essere tutti capaci di giocare la palla e anche i difensori devono avere un elevato tasso tecnico perché non devono mai andare nel panico. Niente pachidermi, niente giganti, dal punto di vista fisico punto su rapidità e corsa, perché ovviamente la tenuta atletica dev’essere di primissimo livello. La potenza semmai la cerco davanti nelle mie punte, siccome di Messi ce n’è uno e non è replicabile a me piacciono molto gli attaccanti totali alla Drogba, che coniugano tante abilità, padroneggiano ogni colpo e sanno adeguarsi a qualsiasi difesa. Il modulo poco conta secondo me, ha maggiore rilevanza costruire una squadra armonica in entrambe le fasi del gioco. Dovrei setacciare il mercato (e produrmi in casa) alla ricerca di giocatori veloci, dotati di fondo, rapidi nell’esecuzione e negli spazi brevi, completi tecnicamente e magari pure dotati di una certa prestanza fisica, ma soprattutto con la mentalità vincente ed un grande spirito competitivo. Pretenzioso lo so, ma le possibilità ci sono. Diciamo un Chelsea con due punte molto più incisive di quelle viste quest’anno, un centrocampo maggiormente qualitativo ed una difesa più mobile per capirci. In un calcio sempre più fisico, il ritmo e la velocità sono importanti, ma ad una squadra con quelle doti tecniche si deve rispondere con la stessa arma, compensando poi eventuali lacune (perché se loro hanno il miglior centrocampista del mondo tu ti devi accontentare al massimo del secondo) con le abilità atletiche e mentali. La fame di primeggiare non va mai sottovalutata. Gli indizi per la creazione del mio team sono questi, restando consci che siccome battere sempre il Barcellona è impresa ardua o quasi impossibile, il primo obiettivo dev’essere riuscire a giocarci contro riservandosi il 50% di possibilità di successo ogni singola volta. A parità di valore nello sport sono le componenti mentali che decidono i risultati, e sono convinto che con pazienza seguendo questa strada arriverei anche a spuntarla.

 
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Pubblicato da su 30 giugno 2011 in Calcio

 

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Voglio battere il Barcellona..

E forse saprei anche come fare. Siccome fantasticavo di potermi permettere l’acquisto di una squadra, perché fermarsi lì, sogniamo in grande e costruiamola perché arrivi tra le top 5 europee. Non voglio nascondermi dietro ad un paravento, se sono un magnate e compro il giocattolo voglio vincere, e gli unici trofei che contano sono il titolo nazionale, a meno di non trovarmi in Svizzera o affiliate varie (con tutto il rispetto per elvetici ed affiliati vari), e qualche gradino sopra la Champions League, che in quanto roulette russa ha ancora più fascino e prestigio. Anche se poi se la giocano sempre quelle 7-8 che hanno i soldi da spendere. Tutte le coppe e coppette nazionali servono solo a riempire le bacheche e dare l’illusione consolatoria di aver vinto qualcosa, insomma potranno anche fare morale ma sono il surrogato del fallimento. Volendo si può salvare la Coppa Uefa o meglio Europa League, se proprio ho la sfiga di dovervi partecipare. Meglio lasciarla a formazioni di secondo piano comunque, a me sta benissimo il modello americano, c’è un solo trofeo in palio e si combatte solo per quello. Period. Bene, poniamo che la mia squadra sia nel lotto delle pretendenti. Innanzitutto c’è da chiarire una questione preliminare essenziale: l’avere quattrini da mettere sul piatto a piacimento mi libera dall’incombenza di rispettare le regole, ammesso che ce ne siano di valide. Questo per sostenere che finché non si deciderà di equiparare i regolamenti finanziari dei vari campionati, dunque anche la legislazione in materia dei vari stati, non si potrà mai ottenere un reale equilibrio ed un’uniformità nei metodi di gestione ed allestimento dei bilanci e conseguentemente delle rose. Sapere che in materia di tassazione, regolarità nell’iscrizione o di pagamento degli stipendi, valutazione di comunitari e non ognuno operi secondo direttive difformi mi puzza tanto di competizione sleale. Sapere che i club più importanti collezionano debiti come figurine per acquistare a suon di milioni giocatori di spicco ogni anno non mi va a genio, tanto più che se ne strafregano perché sanno che senza di loro la baracca perde tantissimo appeal, e dovesse andare davvero male sono sempre in tempo a erigere una lega fatta su misura per loro che dirotterebbe la maggioranza dei diritti televisivi. Diciamo che però non mi interessa, la moralità e la sportività le lascio fuori dalla porta adeguandomi come una pecora all’andazzo vigente. Al limite posso operare come in Germania, lo stato che avevo eletto come mio bacino di partenza, dove i diritti televisivi incidono molto meno che da noi per esempio, in cui per i grandi club rappresentano oltre il 60% dei ricavi. Forse è l’Italia ad essere troppo sbilanciata. Senza forse. Facciamo allora che punto sul fatto di possedere uno stadio tutto mio, di riscuotere sempre un enorme consenso di pubblico e di merchandising, di investire sulle giovanili in modo da essere meno legato al costo dei cartellini ed a procuratori che sarebbe meglio chiamare col loro vero nome salvo scadere nella volgarità. In soldoni punto ad avere un sacco di grana da investire. Un momento: che al calcio europeo venga dato uno scheletro decente ed equilibrato ne avrei tutto l’interesse, perché le cosiddette corazzate sarebbero comunque costrette a fare un passo indietro ed io ne dovrei muovere uno in meno per raggiungerle. Se poi solo si introducessero un paio di altre regolucce, come il tetto salariale in stile leghe americane e la possibilità di non sforare dal bilancio, ovvero non spendere più di quanto incassi, allora significherebbe veder premiato il lavoro di osservatori e dirigenti nella scelta degli investimenti. Spieghiamoci, se ricopri di milionazzi pippe come Recoba o spendi 25 milioni per un Melo qualsiasi o un difensore ucraino dal nome impronunciabile che usi col contagocce e dopo un anno rispedisci al mittente, queste scelte le devi pagare. Hai sbagliato valutazioni quindi te le ritrovi sul groppone in termini di manovrabilità su stipendi e mercato. Inoltre un tetto massimo oltre il quale non sforare (o farlo a costi elevatissimi, la cosiddetta luxury tax: se per esempio ho un limite di 70 e il monte stipendi arriva a 75, pago 5 milioni di tasse che vengono redistribuiti alle squadre che invece si mantengono virtuose) vorrebbe dire basta a rose faraoniche di 25 giocatori, ammassare giocatori su giocatori. Ricapitolando: esistesse un sistema probo ed equo ne trarrebbe vantaggio l’intero movimento e chi volesse emergere, ma non la cricca arroccata sulla cima della montagna, quindi difficile aspettarsi modifiche. Dunque mi devo fare largo a spallate, che poi era la mia idea originale sin dal principio. Ma siccome mi sono perso via in questi pensieri, il come ve lo racconto la prossima volta.

 
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Pubblicato da su 29 giugno 2011 in Calcio

 

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