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Canada Terra d’Hockey – British Columbia

E non solo, verrebbe da dire. Il popolo canadese dimostra di avere una sviluppata cultura sportiva, di saper apprezzare svariate discipline praticandole a vari livelli e con lo spirito giusto, quello che appunto viene semplicemente definito sportivo. È gente cui piace stare all’aria aperta e fare movimento, due requisiti essenziali. Arrivati ad Ovest, Vancouver soprattutto ma in generale l’intero stato della British Columbia, tanto grande da essere capace di contenere due volte il territorio spagnolo, se ne ha la netta sensazione. Inutile ricordare come all’inizio del 2010 questa splendida città affacciata su di un’insenatura del Pacifico abbia ospitato i Giochi Olimpici invernali, conclusisi tra l’altro nella maniera più dolce possibile, la medaglia d’oro nel torneo di hockey che i beniamini di casa hanno strappato ai tempi supplementari contro gli arci rivali statunitensi. Rete decisiva dal coefficiente di difficoltà alquanto elevato siglata manco a dirlo dalla stella delle stelle, quel Sidney Crosby che a nemmeno 25 anni ha vinto tutto il vincibile, si tratti di trofei di squadra o individuali, raggiunti col club o la maglia della nazionale. Idolatrato a priori, lui che proviene dall’estremo opposto, la città di pescatori a nome Halifax, sicuramente non nelle maggiori rotte turistiche. L’assegnazione dei Giochi ha mostrato la poliedricità della città, baciata dagli dei come collocazione geografica, stretta tra mare e montagne, con un clima mite se confrontato con le medie canadesi e l’unico difetto di assomigliare maledettamente troppo a quello che si sorbiscono le cugine americane del nord-ovest, Seattle in testa nominata non casualmente Rainy City. Vancouver sotto questo aspetto è separata alla nascita, d’inverno praticamente non nevica mai se non sulle montagne limitrofe ma in compenso piove come se fosse stata ricevuta una benedizione, anche una settimana di fila senza accenni a tregua alcuna. Non fosse per questo una candidatura a città più bella e vivibile dell’intero continente potrebbe tranquillamente essere presentata, anche se i dati di affluenza demografica confermano che nonostante l’incessante ticchettio delle gocce sui vetri la metropoli sta crescendo rapidamente ed in meno di dieci anni si prevede possa raddoppiare il numero dei suoi abitanti, tra cui spiccano le massicce comunità asiatiche, cinesi in testa come sempre ma polpose sono anche le rappresentanze giapponesi, coreane e mongole. D’altronde l’Asia dista un battito di ciglia e il lavoro sembra non mancare. Tornando allo sport, l’offerta cittadina soddisfa numerosi palati: si possono praticare un’infinità di divertimenti legati all’acqua ed alla montagna (l’immenso porto è sede di attracco di migliaia di imbarcazioni a vela, mentre dall’altro capo della baia si possono vedere planare ed atterrare quotidianamente gli idrovolanti), l’estrema propaggine di Stanley Park è un’enorme oasi letteralmente a due passi da downtown in cui dedicarsi a corsa, pattini a rotelle, bicicletta. In città va forte anche il calcio, grazie tra gli altri pure a Steve Nash, che è di queste parti e al pallone ha dato una notevole spinta (oltre ad aver aperto una catena di palestre), diventando addirittura uno dei proprietari della nuovissima squadra della Major League, i Whitecaps, che ha esordito proprio quest’anno. Più che a livello professionistico però colpisce quanto questo sport sia praticato dai ragazzini, che al sabato pomeriggio affollano i campetti dei vari quartieri per giocare partite in serie. Nutrita anche la batteria di squadre femminili. In città dopo l’abbandono dei Grizzlies (destinazione Memphis dove non ci sono necessariamente connessioni con gli orsi), squadra di basket che ha resistito poche stagioni lasciando i Raptors di Toronto come unici rappresentanti canadesi nell’Nba l’attrazione principe sono infatti i Canucks di Hockey, guidati dal portiere italo-canadese Roberto Luongo e dai gemelli svedesi Sedin. Nella stagione appena conclusasi la franchigia festeggiava i 40 anni di vita, essendo stata fondata nel 1970, ed in città enormi cartelloni commemorativi tendevano a ricordarlo praticamente ad ogni angolo, mostrando le gigantografie dei faccioni dei componenti attuali del team. Nonostante la straordinaria stagione l’esito è stato drammatico, con la finale persa in casa all’ultima gara e la conseguente guerriglia urbana scatenatasi per via di delusione, alcool e pura idiozia scekerate con sapienza. Resta comunque grande la vicinanza all’unica vera squadra professionistica cittadina, che gioca in un impianto, la Rogers Arena, che non sarà in centro ma quasi, distando solo una fermata di metropolitana sia dalla via cardine del centro che dalla stazione ferroviaria. Allargandosi alla British Columbia una citazione la merita anche Vancouver Island, l’isola su cui si trova la capitale statale, Victoria, una cittadina britannica prestata agli ex sudditi d’oltremare, base dalla quale si irradiano le vagonate di appassionati di surf che si riversano annualmente sull’isola per godere di alcune spiagge sulla costa che sorride all’oceano aperto fantastiche per gli amanti della tavola, per cui si sa, il surf oltre che un divertimento è soprattutto uno stile di vita.

 
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Pubblicato da su 31 luglio 2011 in Hockey, Sport & Cultura

 

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Nhl Playoffs Atto Primo

Primo turno di playoffs archiviato. Quattro  serie su otto terminate a gara 7, tra queste due al supplementare, evento raro come un libero del fabbro Chris Dudley, un solo sweep, in generale grande equilibrio, grande spettacolo e straordinaria intensità. Se questo è solo l’inizio, c’è da saccheggiare il reparto vivande giacché non ci si schioda dal divano fino a disegnare la sagoma sui cuscini. Guardando i nomi delle qualificate si scopre come si siano verificati solo due upset, entrambi tra quarta e quinta forza, dunque sostanzialmente i pronostici siano stati rispettati. Se però invece di uno sguardo superficiale si prende la briga di armarsi di lente ed analizzare i vari duelli, allora il panorama cambia mostrando favolose battaglie sportive che purtroppo han dovuto mietere vittime forse immeritevoli quando l’equilibrio è così diffuso. Solo due squadre sembrano essersi staccate dalle altre e sono una per conference, Washington e Detroit. I Capitals non avevano un avversario probante di fronte, specie se Ovechkin gioca da Ovechkin e si considera come tutti gli altri accoppiamenti ad Est siano finiti alla settima. I Red Wings invece non sono mai stati veramente impegnati dai Coyotes, che non hanno quasi mai saputo condurre nel punteggio durante la serie e fondamentalmente hanno subito sotto quasi tutti gli aspetti gli avversari che pur erano privi di Zetterberg.

 Merito a tutte le formazioni che nonostante assenze di prim’ordine si sono rimboccate le maniche continuando a pattinare e lottare (riferimenti puramente voluti ai Kings privi del cannoniere sloveno Kopitar ed ai Pinguins cui mancavano 1° e 2° violino – ce li vedete i Lakers senza il duo Bryant/Gasol o il Barcellona senza Messi/Iniesta ?): è andata male ad entrambe ma se per caso l’onore fosse mai stato messo in discussione, beh la discussione torna nel cassetto. Discorso che vale soprattutto per Pittsburgh, arresasi solamente a gara 7 ai Lightning e solamente con un risicato 1-0, punteggio menzognero di una partita disputata a livelli di intensità atomici.

Rapsodica come poche la serie tra Boston e Montreal. Due vittorie in trasferta a testa, più di un supplementare in un continuo scappare e riprendersi fino alla normale conclusione, gara 7. Che ovviamente non poteva concludersi che nella solita altalenante maniera: avanti 2-0 i Bruins, ripresi dagli Habs, nuovamente avanti i padroni di casa ma a pochissimo dalla fine stoccata da lontano di Subban per l’ennesimo pareggio che ammutolisce il pubblico; una volta di più se ce ne fosse stato bisogno il ragazzo ha dimostrato di avere attributi cubici oltre che una lingua bella sciolta. Supplementare che però ristabilisce le gerarchie del seeding e manda avanti Boston rinviando ancora di un anno i sogni di gloria dei Canadiens.

Applausi ai Flyers, che nonostante le passioni personali canadeseggianti reputavo tra le favorite ad Est: in gara 6, elimination game, vinci o vai a casa, sul ghiaccio nemico trovatisi sotto 3 a 1 han saputo rimontare e spuntarla all’overtime, schiantando i Sabres nell’ultimo atto. Merita un inchino di ringraziamento pure Buffalo e soprattutto il suo portiere Ryan Miller, che di partite ne ha portate a casa praticamente due da solo mantenendo inviolata la porta.

Ad ovest Detroit è sembrata sbarazzarsi con discreta agilità di Phoenix, San Jose ha sudato e non poco contro una combattiva Los Angeles (vincendo tre gare nell’extra-time, mica da ridere, ma anche tutti e tre i match disputati sul ghiaccio dello Staples Center) e nella serie che probabilmente tutti quanti si son filati di meno, scrivente incluso, Nashville ha saputo ribaltare il fattore campo imponendosi in sei su Anaheim, che potrà consolarsi sapendo dell’arrivo in città di una nuova franchigia professionistica, i furono Sacramento Kings. I fari però son stati puntati su una serie fantastica, Vancouver – Chicago. Canucks avanti 3-0, sembra tutto facile ma non si è fatto i conti col cuore dei campioni che infatti non smettono di giocare, ci credono e rimontano vincendo gara 4,5,6 fino ad impattare la serie. Dramma ed impresa sportiva all’orizzonte. Gara 7, succede di tutto. Vancouver la inizia bene, convinta, si porta subito in vantaggio ma non si ripete e non chiude la gara. Partita combattutissima coi portieri sugli scudi, Roberto Luongo (suona italiano? Suona,suona..) da una parte ed il rookie Crawford dall’altra che compiono alcune parate insensate. All’inizio del terzo periodo Burrows sbaglia un rigore che avrebbe ammazzato partita e serie. Mancano meno di due minuti alla fine, Chicago è in inferiorità numerica scontando una penalità ma che ti combina Toews, il capitano? Recupero e goal tuffandosi letteralmente sul ghiaccio: 1-1 e supplementari, dove vige la sudden death, il primo che segna vince. Qui passano pochi minuti, castroneria di Campoli nel disimpegno e Burrows, il predestinato, spedisce il disco all’incrocio e i canadesi in paradiso. Due squadre meravigliose: sette vite o forse più per i Blackhawks, grandissimi campioni uscenti che non hanno mai mollato arrivando ad un battito di ciglia dall’impresa, ma che dire anche dei Canucks che con tutte le botte psicologiche incassate avrebbero potuto sciogliersi ed invece han saputo rimanere lì con la testa. Onore alle squadre, onore al pubblico che è stato stupendo, supportando alla grande i team soprattutto nei momenti di difficoltà.

Ora sotto con le semifinali di conference: ad Est Washington se la vedrà con Tampa Bay, mentre Philadelphia trova nuovamente Boston in un duello che promette scintille come ad Ovest quello tra Detroit e San Jose. La numero uno Vancouver invece dopo essere sopravvissuta all’inferno potrebbe iniziare la cavalcata facendosi trasportare in primo luogo dall’adrenalina e le energie nervose. Primo sfidante Nashville. Un nuovo mucchio selvaggio ci attende.

 
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Pubblicato da su 28 aprile 2011 in Hockey

 

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