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Tanto per parlare di.. Pallamano

Ci sono sport insospettabili che ho piacere a seguire. D’altronde sono malato di sport, su questo ho già patteggiato e non è stato difficile. Uno di questi è la pallamano o handball, nome che si dovrebbe pronunciare con la “a” aperta perché l’origine del nome è tedesca e non inglese come verrebbe facile pensare. E tra l’altro tra i sudditi di sua maestà non ha attecchito minimamente. L’origine della mia passione affonda le radici nel passato, durante gli anni della scuola media, quando assieme alla pallavolo era uno dei due sport di squadra che venivano praticati. E nel quale eccellevo, a differenza dell’altro. D’altronde se lo si approccia possedendo già i principi della pallacanestro si è molto avvantaggiati. Coordinazione, palleggio, capacità di collegare occhio e palla; tutto molto simile. Infatti a me riusciva facile e come ogni ragazzino che si scopre bravo in qualcosa ho subito iniziato ad apprezzarla. Negli anni sono anche riuscito a vedere qualche partita dal vivo, smozzicata qua e là in zona, anche se come tanti sport in Italia anche al pallamano è molto settoriale, radicata in aree geografiche limitate. Sacche di resistenza all’avanzata pallonara, da qui questo gioco tra l’altro trae grande ispirazione. Infatti alla sua nascita, nelle caserme, si giocava nel campo da calcio, con stessi ruoli e numero di giocatori, salvo poi adattarsi alla palestra per essere praticato anche nei mesi invernali. A livello di espansione del gioco, è un affare prettamente europeo, ovvero non ha mai preso piede in modo massiccio negli altri continenti. Anche facendo scorrere il ranking mondiale, nelle prime dieci posizioni si trova solo all’ultimo gradino una federazione non europea, quella coreana, e nei primi venti le fanno compagnia solo il Brasile e l’Egitto. Le aree di diffusione sono quella mitteleuropea e la Scandinavia, salvo notabili eccezioni come la Spagna, ovviamente l’onnipresente madre Russia e soprattutto la Francia, nazionale cannibale come poche. Attualmente i galletti sono campioni in carica di qualsiasi competizione, avendo rastrellato titolo europeo, mondiale ed olimpico. Mica male. Anche se poi come spesso capita negli sport collettivi i transalpini non mostrano la stessa eccellenza a livello di club. Scorrendo il lotto delle partecipanti alla Champions League, chiaramente la massima competizione continentale, sono presenti anche loro con due squadre, buone ma magari non tra le pretendenti alla vittoria finale. L’ultima risale al 2003 e porta la firma del Montpellier, che aggiunta a quella dell’anno successivo del Lasko Pivovarna, squadra slovena, rappresenta un’eccezione al dominio debordante di Spagna (capeggiata dal Barcellona – ma come anche qua?? – con sette titoli, tra cui l’ultimo) ed in tono minore Germania. D’altronde si vince dove girano i soldini, e questi sono i due stati dove ne circolano di più e dunque dove i migliori giocatori decidono di accasarsi. Prego consultare i roster delle squadre per conferma. Almeno la composizione geografica delle partecipanti è variopinta, potendo contare anche su rappresentative danesi, svedesi, svizzere, polacche, slovene, croate, bosniache, macedoni, ungheresi, slovacche, rumene e russe. Stesso discorso in campo femminile dove da registrarsi c’è solamente l’importante aggiunta norvegese, nazionale fortissima (il cui portiere, l’affascinante Haraldsen, gioca però in Ungheria col Gyor, scelta singolare) che col Larvik detiene anche il titolo. La nazione che impone la legge delle sue squadre qui è tendenzialmente la Danimarca, terra di vichinghe non per caso. Vedere una partita alla televisione non è malaccio, anche se il limite di questo sport, a mio avviso, resta quello di alternare momenti di alta spettacolarità a fasi statiche forse troppo prolungate. Passarsi la palla per venti secondi girando attorno all’area del portiere in effetti potrebbe anche esser considerato noioso, a lungo andare. Ma in generale nelle partite accese questo è un dettaglio superabile. Inoltre la cornice di pubblico è sempre fantastica, palazzetti ultra pieni e animati da un’atmosfera positiva, come sarebbe lecito attendersi da un evento sportivo. Siamo noi quelli abituati male.

 
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Pubblicato da su 22 dicembre 2011 in Pallamano

 

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Barçelona Style

Sarà il profumo del mare, le proprietà della acque mediterranee che aliteranno una brezza speciale sulla città? Un segreto deve pur esserci per Barcellona che ultimamente sta respirando successi sportivi in serie, successi infilati senza soluzione di continuità nelle più svariate discipline. Il Barçelona Club si prefigura di essere una polisportiva, d’accordo, ma evidentemente il virus della vittoria è contagioso e si espande inarrestabile come l’olio versato sulla tavola. Siccome va tanto di moda parlare di triplete e tituli, chiaro sintomo di come i media nostrani siano dotati di personalità così effimera da dover sempre rubacchiare banali espressioni da altre lingue perché fa figo o per mascherare carenze nella lingua nostrana, in Spagna dove suddette espressioni sono di casa appartenendo all’idioma del posto una squadra che ha realizzato una tripletta trasversale c’è, e ovvio nessun mistero sul nome è quella catalana. Il Barça vanta rappresentative in numerosi sport, sia a livello professionistico che amatoriale. Diciamo che dovendo citare un podio quelle dove viene investita maggiormente la pecunia sono ovviamente calcio, poi basket e pallamano. Bene, quest’anno tutti e tre i settori hanno conquistato il rispettivo titolo nazionale, e non fosse stato per il geniaccio di Obradovic e della sua banda forse staremmo parlando di incredibile double visto che i team di soccer e handball hanno bucato le porte avversarie fino a innalzarsi sul gradino più alto d’Europa. Ricapitolando: i pallonari portano a casa Liga e Champions League, cui vanno addizionati in bacheca gli stessi trofei sponda pallamano e la Liga ACB cestistica, arrivata fresca fresca dopo aver superato 3-0 in finale la sorpresa della stagione, Bilbao. Come già detto la corsa di Navarro & C. in Eurolega si è arenata nei quarti di finale per mano del Panathinaikos futuro campione, altrimenti avremmo assistito ad una razzia probabilmente unica nella storia dello sport. A pensarci bene si è trattato di una tempistica leggermente sfasata, essendo il Barça campione uscente di Eurolega, nell’anno in cui invece le altre due compagini non erano riuscite ad affondare la zampata decisiva. I fatti però parlano chiaro, siamo di fronte ad una dinastia singolare, di club e non nella singola disciplina: un risultato onestamente straordinario a cui non è dato sapere quando verrà posto termine. La squadra guidata da Guardiola infatti sembra avviata verso un decennio da protagonista, con tutti gli uomini chiave ancora giovani fatta eccezione per Xavi, ma già si sta pensando a Fabregas o chi per lui per rimpiazzarlo quando mostrerà i primi segnali di declino. I titoli non sono ovviamente assicurati, ma avere l’opportunità di contenderli ogni anno non credo sia in discussione. Forse la vera incognita è legata alla permanenza di Guardiola: è lui l’artefice del gioco spumeggiante o il merito va dato maggiormente agli interpreti? Senza di lui riusciranno ad esprimere lo stesso calcio, e lui senza il Barça dimostrerà la stessa qualità proposta in questi tre anni? Solo se e quando il suo destino si separerà da quello blaugrana avremo la controprova che ci racconterà molte cose al riguardo. Per quanto riguarda le altre due discipline, la curiosità maggiore sta nell’omonimia tra i due coach: coincidenza o meno, chiamarsi Xavi Pascual porta bene (e anche provenire da Barcellona, dettaglio molto meno casuale), anche se quello seduto sulla panchina del basket con la corazzata che gli è stata recapitata tra le mani forse potrebbe mostrare un gioco quantomeno più armonioso, se lo spettacolo non è proprio nelle sue vene. Anche nella recente finale contro i Baschi il punteggio è stato molto basso, la serie ultra fisica e zeppa di contatti, la gestione della squadra e dei cambi modestissimo parere un po’ incerta e due partite risolte grazie solamente al talento individuale di stelle quali Navarro e Lorbek, che poi in effetti sono lì esattamente per fare quello, la differenza quando conta, ma con tutto il talento accumulato nei 12 uomini a disposizione forse nemmeno ce ne sarebbe stato bisogno di arrivare col fiatone. Nonostante tutto comunque quinta finale nell’ultimo lustro, quisquilie, e seconda vittoria dopo lo smacco subito l’anno passato dagli altri Baschi di Vitoria. L’anno venturo sebbene Rubio abbia firmato per trasferirsi oltreoceano a Minneapolis, scommesse sul fatto che verrà allestito nuovamente uno squadrone nemmeno sono accettate, e già girano insistenti voci sull’arrivo dell’americano Eidson che ha disputato l’ultimo europeo col Maccabi. Di pallamano so molto meno, tranne che in entrambe le finali i catalani hanno spento le velleità dei rivali del Ciudad Real, squadra condannata alla seconda piazza quest’anno, e nel cammino verso la finale di Champions League in terra tedesca hanno avuto occasione di vendicarsi dei campioni uscenti del Kiel, eliminandoli nei quarti di finale. Avere una sorta di saracinesca come il bosniaco Saric in porta e il cannoniere danese Noddesbo davanti alla porta non guasta comunque. Il club è ormai diventato una potenza economica di primissimo ordine, e la ferrea volontà di farsi portabandiera degli ideali catalani in giro per il mondo non può che esercitare un costante stimolo per eccellere in ogni competizione che affrontano, dotandosi dei migliori giocatori possibili e coltivandoli in casa quando possibile: un progetto contro cui chiunque voglia vincere in Europa dovrà fare i conti nei prossimi anni.

 
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Pubblicato da su 15 giugno 2011 in Sport & Cultura

 

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