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Un calcio nel sedere

Il calcio è uno sport per gente non intelligente. Niente spocchia, solo la costatazione e l’idea che si solidifica in testa dopo il teatrino tutto italiano degli ultimi giorni. Mentre il Liverpool prevaleva ai rigori sul povero Cardiff in una vibrante finale di Coppa di Lega, quanto deve bruciare ai gallesi veder dissolversi uno storico sogno proprio mentre lo accarezzavano con mano, in terra di nostra e vostra conoscenza occupavano spazio gli strascichi della partita di cartello domenicale. Ora cominciare un discorso sarebbe cosa lunga, quindi asciugo. Parlare del capitolo informazione è superfluo, a me la figura del giornalista piace, se fatto bene penso sia uno dei lavori più belli che ci siano. Ma almeno a livello sportivo il 90% abbondante in Italia è composto da gente poco competente, che col tempo invece di aggiornarsi, migliorare, ampliare il proprio bagaglio di conoscenze si ingrigisce rimirandosi sul piedistallo in cui si è (o è stato) issato. La qualità migliore diventa la lusinga o l’istigazione. Per dirla alla Bob Knight (e se sei giornalista chi è questo signore devi saperlo), nella scala della mia considerazione e del rispetto state due gradini sopra le prostitute. A volte sotto. Quindi viva la sparuta minoranza che al contrario stimo enormemente. Passando ai fattacci: il calcio italiano è un poltergeist da tempo ormai. Proporre un’amnistia sul caso scommesse perché il marciume è troppo esteso la soluzione più ridicola. Ma non mi sorprende, anche la più gettonata. Senza entrare nel merito, si viene da anni di bufera e ancora se ne sentono gli strascichi. Un colpo di spugna netto non è mai stato dato, e anche se fosse per ricominciare ci vuole tempo e fiducia. Doti che nessuno sembra avere. Bello parlare di tecnologia e riforma delle regole, ma le prime a frenare sono sempre state le società stesse: l’incertezza alimenta polemiche e fornisce giustificazioni, scuse dietro le quali celarsi. Devo ancora sentire un allenatore che non si è mai lamentato di arbitri e decisioni. Magari non platealmente come fatto da Conte per preparare il terreno, ma in maniera più subdola e velata. Alla Allegri. Uhm forse Guidolin. Lo sbaglio lo si accetta o non lo si accetta, sempre. Anche quando è grossolano. Che poi ad alzare al voce siano le società che pesano di più fa sempre parte del solito teatrino. Si dimenticano in fretta parole ed azioni compiute dagli stessi interpreti in passato. Io memoria ne conservo e la loro credibilità ai miei occhi è nulla, ogni volta che aprono bocca è un’occasione persa per starsene zitti. Arcinote dichiarazioni di Buffon: modestissimo parere, uscita sciocca e basta in linea col personaggio, osannato e molto al di là dei propri meriti. Da rispettare la sincerità? Perché? Basta che una persona sia sincera e può dire tutte le cavolate possibili? Questo signore ammette di negare uno dei principi fondamentali dello sport, cioè l’onestà. Allora non chiamiamolo più sport ma qualcos’altro. Oltretutto l’onestà non è un principio che si usa a gettone. Non si è onesti a scelta, a giorni alterni come le targhe, al supermercato sì ma sul posto di lavoro no, con i genitori sì ma con gli amici solo a volte. Io quando gioco, qualsiasi sia lo sport, non baro. Anche dovesse trattarsi di una rimessa. È più forte di me. Semmai è ridicolo che Buffon venga criticato da colleghi del suo stesso mondo, gente disonesta fino al midollo, che ogni domenica fornisce l’esempio con vagonate di gesti antisportivi. Ma finché chi si butta in area o accentua un contatto veniale per accaparrarsi rigore o punizione viene definito furbo, scaltro, smaliziato, esperto, allora non si fa altro che avvallare questi comportamenti. Anzi direi incoraggiare, e non dubito che molti allenatori ed istruttori lo facciano già coi ragazzini, tanto per oliare la catena già alla base. Con un tale curriculum, please non parliamo di onestà. Perchè anche se non è una barzelletta ridono tutti.

 
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Pubblicato da su 29 febbraio 2012 in Calcio

 

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